FOCUS UCRAINA / Donbass: quando fascismo e “antifascismo” si danno la mano

di Andrea Ferrario

La guerra nel Donbass, che ha visto come protagoniste le “repubbliche popolari” guidate da neofascisti, offre all’estrema destra un’occasione per intrecciare relazioni internazionali. Mentre Forza Nuova e Lega Nord si schierano con Putin e i separatisti, in Crimea due conferenze gemelle creano un pericoloso ponte tra estrema destra ed estrema sinistra internazionale. In Italia settori della sinistra e gruppi rock militanti si pretendono orwellianamente antifascisti mostrando solidarietà a un separatismo del Donbass creato ed egemonizzato da neofascisti.

Nel corso di questi mesi su Crisi Globale ho riservato una particolare attenzione al tema del ruolo dei neofascisti nella crisi ucraina. Sul “lato di Kiev” con un’ampia analisi in cui, al di là delle mistificazioni di una parte della sinistra italiana, si sottolineava il reale pericolo rappresentato dai neofascisti del Pravy Sektor, nonché con un altro articolo in cui si denunciava da una parte il loro riemergere a Kiev con una serie di azioni squadriste e dall’altra il ruolo del battaglione neofascista Azov. Sul lato “lato del Donbass” documentando nei dettagli come la “Repubblica Popolare di Donetsk” sia frutto fin dal suo inizio di un progetto di neofascisti collegati alla Russia e come il loro ruolo egemone si sia fatto ancora più evidente con il tempo. Nel denunciare il ruolo dei neofascisti dall’una e dall’altra parte della barricata ho sempre fatto un fondamentale distinguo, sulla base dei fatti: mentre a Kiev fascisti ed estrema destra vengono tollerati da un regime di natura diversa dalla loro che li utilizza come manodopera in un battaglione, nel Donbass i fascisti e l’estrema destra sono all’origine stessa delle due “repubbliche” di cui continuano a mantenere il controllo, grazie soprattutto al sostegno militare e ideologico dell’imperialismo russo. In Italia (ma non solo in Italia) una fetta non trascurabile della sinistra da una parte si è adeguata in toto alla propaganda del Cremlino amplificandone la guerra d’odio disinformativa (“l’Ukraina [sic] è il più grande laboratorio per il neonazismo internazionale”, scrive la Banda Bassotti, sulla quale torniamo sotto), dall’altra ha chiuso gli occhi, fino a giungere a grottesche acrobazie interpretative, sui neofascisti egemoni nel Donbass, appoggiandoli senza riserve. Il pericolo fascista continua a essere attuale a Kiev, dove il comandante del battaglione Azov, Andriy Biletskiy, è entrate a fare parte degli organi dirigenti del nuovo partito di Arseniy Yatsenyuk, il “Fronte Popolare”, e dove è avvenuta un’aggressione squadrista, la cui matrice è chiaramente di estrema destra, contro Vasil Cherepanin, un’intellettuale di sinistra che aveva preso parte a Maidan. Nel Donbass i neofascisti continuano a essere ai vertici delle organizzazioni separatiste, anche se orwellianamente sotto (vaghi) slogan antifascisti. Con la recente tregua l’estrema destra del Donbass si trova di fronte alla possibilità di creare un proprio stato anche se, essendo più che altro marionette di Putin, gli sviluppi futuri dipenderanno essenzialmente dalla volontà del loro padrone. In questo articolo ci concentriamo su alcuni sviluppi recenti nell’ambito del neofascismo “filorusso”, e in particolare di eventi nei quali è riuscito a trovare un’eco internazionale, anche a sinistra. Nell’ultima parte analizziamo le modalità con le quali alcuni settori della sinistra italiana sono giunti a dare il loro sostegno ai fascisti del Donbass.

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La “nuova Yalta” di sinistra e quella di destra: due capitoli della medesima storia

A Yalta si sono tenute quest’estate due conferenze “gemelle” che esemplificano la strategia perseguita dal Cremlino e dai neofascisti del Donbass per ampliare la loro eco internazionale. Lo svolgimento delle due conferenze nella stessa città della Crimea è altamente simbolico e comporta tra le altre cose un’approvazione da parte dei partecipanti dell’annessione della penisola da parte della Russia. Entrambe le conferenze, sia quella “di sinistra” sia quella di destra hanno visto come organizzatore Aleksey Anpilogov, un ultranazionalista russo che è regolare collaboratore della rivista di estrema destra Zavtra ed è in stretto contatto con il suo direttore, il neofascista Aleksander Prokhanov. Quest’ultimo fa parte dell’Izborsky Club, un think-tank dell’estrema destra con sede a Donetsk presieduto dal “governatore popolare” della Novorossiya, Pavel Gubarev, e alle cui riunioni partecipa anche Igor Druz, braccio destro di Igor Strelkov, che è stato comandante militare della RPD fino al mese scorso. Per “Zavtra”, lo ricordiamo, scrivono regolarmente sia Strelkov che l’ex premier della RPD, Aleksander Boroday, e anche l’estremista di destra Aleksander Dugin, padre spirituale del neofascismo russo e della dirigenza del Donbass, nonché direttamente legato al regime di Putin – Strelkov, Boroday e Dugin sono tra l’altro tutti e tre membri dell’Izborsky club.

La prima conferenza di Yalta si è tenuta nella città sulle coste della Crimea il 6-7 luglio e ha visto come organizzatore, insieme a due fondi gestiti da Anpilogov (naturalmente presente all’incontro) anche l’Istituto per le Ricerche Globali e i Movimenti Sociali del noto attivista di sinistra russo Boris Kagarlitsky. Kagarlitsky da tempo è schierato con i separatisti del Donbass, la cui azione è secondo lui frutto di una mobilitazione di “massa” (l’attivista però, come alcuni altri singoli che diffondono a sinistra questa tesi, si è sempre astenuto nel fornire qualche fatto concreto a sostegno di questa tesi), ed è perfettamente a conoscenza del fatto che le “repubbliche” siano guidate da estremisti di destra, ma giudica la cosa irrilevante. Kagarlitsky però non si è limitato a dare un sostegno a questa (inesistente) mobilitazione di massa, ma è giunto addirittura a frequentare di persona noti neofascisti filo-separatisti. Sull’attivista e studioso pesa poi un altro fatto compromettente, quello cioè che il suo istituto ha ricevuto un finanziamento dal Cremlino, una cosa ben strana per chi si definisce un socialista rivoluzionario. Alla conferenza hanno preso parte altri attivisti di sinistra, tra i quali Alan Freeman di Socialist Action, e Richard Brenner di Workers Powers. Per l’Ucraina c’era Aleks Albu, leader del gruppo neostalinista Borotba, legato ai neofascisti della Novorossiya e sul quale torniamo sotto. Ma accanto agli esponenti di sinistra c’erano anche estremisti di destra, come Vladimir Rogov, leader di due organizzazioni russe ultranazionaliste e apertamente omofobe come la Guardia Slava e la Lega Internazionale di San Giorgio. L’omofobia, lo ricordiamo, è stata uno dei cavalli di battaglia dell’Antimaidan dal quale poi sono scaturite le “repubbliche popolari” e secondo i cui militanti c’era il rischio che, nel caso di una vittoria di Maidan, il paese cadesse nelle mani della “gayvropa”. L’anno scorso la Guardia Slava si è messa in vista tappezzando il centro della città di Zaporozhie con manifesti raffiguranti da una parte una parata militare e dall’altra una parata del gay pride, immagini accompagnate dalla scritta: “A quale parata prenderà parte vostro figlio?”. L’omofobia d’altronde ha fatto direttamente irruzione alla prima conferenza di Yalta con il discorso di Vasiliy Koltashov, vicedirettore dell’Istituto di Kagarlitsky, il quale ha dichiarato che “la lotta contro le nuove autorità di Kiev è una lotta contro l’Ue, non solo nella forma di un rifiuto delle politiche di distruzione della famiglia e delle relazioni eterosessuali, ma anche come rifiuto dell’interezza delle politiche antisociali e neoliberali delle élite occidentali” – omofobia e anticapitalismo vanno a braccetto, qualcosa di impossibile per la sinistra, ma che è assolutamente una regola tra i “neofascisti sociali”. Alla fine la conferenza ha pubblicato un “Manifesto del Fronte Popolare di Liberazione dell’Ucraina, della Novorossiya e della Russia Transcarpatica” zeppo di parole di “indirizzo sociale” talmente generiche che, non a caso, potrebbero essere sottoscritte da qualsiasi neofascista della corrente “anticapitalista”. Inoltre questo Fronte Popolare è inesistente, è solo il titolo altisonante dato alla dichiarazione messa a punto da qualche decina di attivisti di sinistra e di estrema destra riunitisi a Yalta – nonostante questo è stato redistribuito in Italia da Contropiano senza spiegazioni, con il rischio che a sinistra si pensi che il Fronte Popolare sia un’organizzazione realmente attiva.

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Il 29 e 30 agosto a Yalta si è tenuta un’altra conferenza, il cui organizzatore è stato ancora una volta l’ultranazionalista russo Aleksey Anpilogov, lo stesso che ha organizzato la conferenza di Yalta “di sinistra” con Kagarlitskiy. Questa volta la conferenza è stata chiaramente il tentativo di raccogliere a sostegno delle politiche del Cremlino e delle “repubbliche” separatiste la “crème” del neofascismo europeo. Annunciata tra gli altri dal quotidiano “Izvestiya”, una delle principali voci del Cremlino, la conferenza alla fine ha visto la partecipazione di un numero inferiore di estremisti di destra europei e russi rispetto a quelli originariamente invitati, ma la partecipazione è stata comunque significativa. Come c’era da aspettarsi, non hanno preso parte all’evento Igor Strelkov e Aleksandr Boroday, rispettivamente comandante militare e premier della RPD tornati a Mosca dopo avere svolto la loro missione iniziata nell’aprile scorso con la creazione della “repubblica”. A rappresentare i separatisti della “Novarossiya” c’erano però nomi importanti, come il noto comandante Mozgovoy della Repubblica di Lugansk, Igor Druz, mano destra del comandante Strelkov, e l’ex “presidente” della RPD, Pushilin, che attualmente si occupa degli aspetti umanitari. Per il Cremlino c’era un pezzo grosso come Sergey Glazev, consigliere personale di Putin, che si è occupato tra le altre cose dell’organizzazione dell’Unione Doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan. Per l’estrema destra europea c’erano l’italiano Roberto Fiore di Forza Nuova, Mateusz Piskorski del partito di estrema destra polacco Samooborona, il nazista belga Luc Michel del Partito Comunitario Nazional-Europeo (da anni impegnato per stabilire un’unione tra neofascisti ed estrema sinistra) e il noto antisemita Israel Shamir. Accanto a loro molti ultranazionalisti ed estremisti di destra russi. Gli interventi sono stati scontati, tutti incentrati sulla lotta per la Novorossiya e su temi cospirativi. Il particolare importante è che le due conferenze si sono tenute a breve distanza nella stessa sede, con lo stesso organizzatore e con lo stesso obiettivo programmatico di un sostegno alle “repubbliche” separatiste. Non sono fatti casuali. La presenza di un pezzo grosso del Cremlino ha dato poi un tono di ufficialità al tutto. Tra l’estrema destra russa e del Donbass è in atto un chiaro tentativo di conquistare nuovi spazi, con la sanzione delle autorità russe, coinvolgendo anche l’estrema sinistra naturalmente in posizione di gregario o, detta più brutalmente, di utile idiota. Il tentativo sta evidentemente ottenendo qualche successo.

Negli scorsi mesi tentativi parziali sono stati fatti, con successi alterni, anche sul fronte della sinistra tedesca. Tre rappresentanti di Die Linke hanno preso parte nel mese di marzo a un gruppo di “osservatori internazionali” del referendum in Crimea convocato da un’organizzazione russa vicina al Cremlino – a parte Die Linke, un esponente del Partito Comunista Greco (notoriamente stalinista) e un deputato di Forza Italia, del gruppo facevano parte esclusivamente membri dell’estrema destra europea, dal Fronte Nazionale francese agli ungheresi di Jobbik all’italiana Fiamma Tricolore. Nel mese di giugno organizzazioni antifasciste tedesche hanno organizzato la presentazione di un libro, “Neonazisti ed Euromaidan”, scritto da due russi, Stanislav Byshok e Aleksey Kochetkov (quest’ultimo già membro del gruppo neonazista RNE di cui ha fatto parte anche il “governatore popolare” della RPD, Pavel Gubarev). Grazie alla denuncia dettagliata di alcuni anarchici su Indymedia l’evento è stato cancellato all’ultimo momento: i due autori sono neonazisti ampiamente noti sia in Russia che in Ucraina. Erano stati consigliati agli ignari antifascisti tedeschi da Sergey Kirichuk, uno dei leader del gruppo neostalinista ucraino Borotba, che essendo ucraino non poteva non sapere delle posizioni naziste dei due, denunciati a più riprese in passato dalla sinistra antistalinista ucraina. Kirichuk era in rapporti diretti con Byshok e Kochetkov. Non è una cosa strana per un militante di Borotba, un gruppo autoritario, scaduto a più riprese in posizioni antisemite e omofobe e che, soprattutto, da tempo collabora con forze di estrema destra e oggi sostiene attivamente le “repubbliche separatiste” in posizione totalmente subalterna ai neofascisti alla loro guida (si veda su Borotba, in russo: http://nihilist.li/2014/06/19/ot-melkih-moshennikov-do-ubijts-ocherk-o-politicheskoj-e-volyutsii-stalinistov-na-primere-organizatsii-borot-ba/ e http://nihilist.li/2014/08/08/krasny-e-snaruzhi-bely-e-vnutri-eshhe-nemnogo-o-borot-be-i-ee-soyuznikah/, in tedesco: https://linksunten.indymedia.org/de/node/117286&usg=ALkJrhjOtmF4kPeZymE2U-UC8IZ9QBxY1g, in inglese, francese e altre lingue: http://avtonomia.net/2014/03/03/statement-left-anarchist-organizations-borotba-organization/). Nonostante questo, sia Borotba sia Kirichuk personalmente sono i “compagni” di riferimento in Ucraina di Die Linke, nonché di altri partiti europei della Lista Tsipras, come per esempio Sinistra Bulgara.

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L’estrema destra italiana: Forza Nuova e la Lega Nord

Come già menzionato, al secondo incontro di Yalta era presente il leader dei neofascisti di Forza Nuova, Roberto Fiore. Tornato dalla conferenza, Fiore si è fatto intervistare dal sito di Forza Nuova – riportiamo qui di seguito le sue dichiarazioni, che non hanno bisogno di commenti: “D- Fiore, è vero che ha partecipato dal 29 al 31 agosto al meeting internazionale “Russia, Ucraina, Nuova Russia: le questioni globali e le sfide” ospitato dalle autorità russe a Yalta in Crimea? Qual è stato il contributo di Forza Nuova? R – Sì, oggetto degli incontri, a cui ha preso parte anche l’assistente del presidente Putin, Sergei Glazyev, è stato il progetto relativo alla creazione di un fronte contrario ad ogni ipotesi di guerra, con particolare riferimento alla crisi ucraina. La Russia ha ben compreso che il conflitto è stato scatenato dalle oligarchie antieuropee per allontanare definitivamente l’Europa dal rapporto forte che, ormai da qualche anno, la lega alla Russia sia sul terreno economico e commerciale che su quello etico-politico; è un dato certo, però, che i popoli europei non hanno alcuna intenzione di arrivare ad uno scontro armato contro la Russia. Nel corso del mio intervento ho sostenuto con chiarezza che, qualora prendesse piede un tentativo di protesta “colorata” eterodiretta contro Putin, Forza Nuova manifesterà per sostenerne le ragioni e per dimostrare che in Europa c’è chi guarda con favore alla Russia e al suo profilo di difesa dei valori tradizionali. Siamo convinti, e con noi lo sono tanti movimenti a noi vicini che scenderanno in piazza in molte città d’Europa, che una crociata antiliberale potrà essere vincente se la Russia si proporrà in modo sempre più deciso quale forza catalizzatrice della grande tradizione europea. A questo proposito, parteciperemo presto, con una nutrita delegazione di FN, ad un grande evento, che si terrà al Cremlino, promosso dal World Congress of Families, a difesa della famiglia tradizionale”. Oltre al World Congress of Families, in Russia si terrà nei prossimi giorni un’altra grande iniziativa, il Forum Nazionale Russo, che, come spiega nei dettagli Jacopo Custodi in un suo articolo per “East Journal”, sarà con ogni probabilità un ennesimo foro europeo dell’estrema destra e potrebbe vedere la partecipazione di Jobbik, Alba Dorata, Fronte Nazionale, Partito delle Libertà Austriaco, Forza Nuova.

Indipendentemente da una breve e superficiale infatuazione per Svoboda, subito spentasi con Maidan, Forza Nuova coltiva da tempo i contatti con i neofascisti russi e da marzo scorso è diventata grande sostenitrice del modello ultraconservatore russo impersonato da Putin. Fiore già nel 2012 mandava un messaggio di auguri al congresso fondativo della Alleanza Conservativa di Destra (ACD), il nuovo nome che il gruppo neonazista Russkiy Obraz (Immagine Russa) si è dato dopo che alcuni suoi membri erano stati arrestati per brutali omicidi. Uno di questi è Ilya Goryachev, al quale Roberto Fiore, sempre nel 2012, ha concesso personalmente una lunga intervista pubblicata dal sito neofascista russo “Modus Agendi”. Ricordiamo che l’ACD ha partecipato direttamente alla fondazione della RPD a inizio aprile attraverso uno dei suoi leader, il neonazista Aleksandr Matyushin, che oggi è comandante delle forzi speciali della RPD. Inoltre simboli di Immagine Russa sono stati visibilmente presente alla “Marcia Russa” del 4 novembre 2013, un’iniziativa neofascista alla quale hanno preso parte molti dei futuri fondatori della RPD che oggi sono ancora alla sua guida, come Andrey Purgin e Aleksandr Khryakov.

Come ha documentato Saverio Ferrari sulle pagine del “Manifesto”, c’è un sempre maggiore avvicinarsi dei neofascisti italiani, Forza Nuova compresa, alla Lega Nord, che sta rilevando il “ruolo di garante per la galassia neofascista nei termini di coperture istituzionali, sdoganamenti e alleanze elettorali”. Non è quindi un caso che anche la Lega Nord abbia una sua “linea russa”, che si ricollega all’estremista di destra russo Aleksandr Dugin, cioè l’onnipresente padre spirituale dei neofascisti della RPD. Il 4 luglio Dugin è sceso a Milano in occasione del convegno “La sfida Eurasiatica della Russia”, tenutosi all’Hotel Cavalieri, che è stato più volte sede di convegni dell’estrema destra. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione Lombardia Russia, che è presieduta da Gianluca Savoini, “un fedelissimo di Matteo Salvini”, come scrive il “Giornale”. L’evento è stato un’altra occasione per riunire a convegno esponenti dell’estrema destra: secondo i reportage disponibili vi hanno presenziato Mario Borghezio della Lega Nord, Attilio Carelli, segretario della Fiamma Tricolore, Roberto Jonghi Lavarini di Progetto Nazionale e Maurizio Murelli di Orion. Il 10-15 ottobre Salvini si recherà poi in viaggio a Mosca, dove prevede di incontrarsi con Aleksey Puskov, presidente della Commissione esteri della Duma, alcuni ministri e, naturalmente, anche con Aleksandr Dugin, con la speranza di incontrare in via non ufficiale addirittura Putin. Come spiega sempre il “Giornale”, “Dietro le quinte [vi è] il lavoro di un’associazione culturale molto vicina al Carroccio, «LombardiaRussia» (che si presenta come «apartitica ma con idee molto precise che combaciano pienamente con la visione del mondo enunciata dal presidente della Federazione Russa»), presieduta da Gianluca Savoini fedelissimo del segretario, e come presidente onorario Alexey Komov, ambasciatore russo all’Onu. Proprio Komov era in prima fila al congresso della Lega a Torino, quando è stato incoronato Salvini, tra gli ospiti internazionali insieme al coordinatore del partito putiniano Viktor Zubarev. Salvini e Savoini, poi, sono stati ricevuti dall’ambasciatore russo in Italia, che li ha tenuti per due ore in udienza privata. Ma cosa c’è dietro questo inedito asse padano-putiniano? Lo spiega Salvini stesso, più volte intervistato dai network della federazione russa, dalle tv Russia Today (che sta confezionando un reportage su Scozia, Catalogna e fenomeno Lega Nord) e Rossija 1 (rete pubblica russa che ha inviato sue troupe all’ultima Pontida e ai congressi del Carroccio), ai giornali. L’obiettivo della sua Lega? «Liberarci da Bruxelles, da un’Unione europea che è un massacro, e quindi permettere ai nostri artigiani di tenersi il frutto del loro lavoro senza dipendere da Roma, da Berlino e anche, a livello internazionale, guardando a Est verso la Russia, visto che gli Stati Uniti fanno solo il loro interesse». Il primo passo (un po’ zoppo, perché non si è costituito in un gruppo parlamentare a Strasburgo) è stata l’alleanza politica con gli altri partiti euroscettici, in primis il Front National della Le Pen. Il secondo passo è il posizionamento sulla Russia e la sfera d’influenza eurasiatica. Quel Putin con cui – spiega Salvini ai suoi – il Carroccio condivide molti punti: la lotta all’immigrazione selvaggia, la difesa dell’identità, della famiglia tradizionale, il principio di autodeterminazione dei popoli. Anche sull’Ucraina, perché «la gente deve poter scegliere, in Veneto, in Scozia come in Ucraina»”.

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A sinistra: il sostegno alla “Novorossiya” guidata dai neofascisti

In Italia per fortuna finora non ci sono stati contatti diretti tra estrema sinistra e neofascisti all’insegna del sostegno ai separatisti del Donbass e/o delle politiche di Putin. C’è stata però una totale reticenza sulla grande operazione dei fascisti nel Donbass e sul loro ruolo nel più ampio progetto putiniano di fare della Russia il paese di riferimento dell’estrema destra. Soggetti di sinistra che urlano il loro antifascismo contro Kiev tacciono quando i fascisti sono filorussi o russi, arrivando perfino a sostenerli, nascondendo però sempre al pubblico di militanti che legge i loro materiali la loro vera natura di estrema destra. Si tratta di un atteggiamento politicamente indegno, che apre la strada a quei fascisti che vogliono infiltrare la sinistra, nonché ai progetti guerrafondai e sfruttatori dell’imperialismo russo. Posizioni del genere (con tanto di inviti di un neofascista serbo a iniziative di sinistra) le si erano già viste ai tempi della guerra in Kosovo, ma allora erano limitate a soggetti che si perdevano nel mare di una grande mobilitazione. Oggi di mobilitazioni di massa contro la guerra in Ucraina non ce ne sono, né in Italia né all’estero, e questi piccoli gruppi hanno pieno spazio per imporsi a livello (dis)informativo. Questa sinistra fa propria un’interpretazione degli eventi in Ucraina schiacciata solo sulla geopolitica, proprio come fa la propaganda imperialista. E degli imperialisti fa propria anche la disinformazione ossessiva come arma politica. Inoltre, assimila elementi tipici delle ideologie di estrema destra, dal cospirazionismo paranoico alla “guerra tra culture”. Naturalmente, trovando la giustificazione del loro esistere nella militanza di sinistra, questi gruppi mescolano il tutto con un “antifascismo” che denuncia i fascisti di Kiev ma copre sistematicamente quelli filorussi e con l’invenzione dell’esistenza di un movimento popolare di massa nel Donbass. Anche il loro antimperialismo fa acqua da tutte le parti, visto che avallano quello russo, colpevole di centinaia di migliaia di morti con le sue guerre e dello sfruttamento bestiale di milioni di lavoratori.

E’ vero che i separatisti del Donbass, ivi inclusi i neofascisti al loro vertice, definiscono incessantemente come antifascista la loro “lotta”. Qualunque antifascista accorto però si può facilmente rendere conto di quanto questo “antifascismo” sia solo uno slogan opportunista e nulla più. L’”antifascismo” dei separatisti è solo ed esclusivamente una forma di razzismo contro gli ucraini, considerati collettivamente fascisti, nonostante l’estrema destra alle elezioni abbia raccolto percentuali risibili. Il fatto che il regime di Kiev utilizzi manodopera fascista in uno dei 36 battaglioni che hanno combattuto nell’Ucraina orientale viene amplificato in un’accusa di fascismo all’intero paese (tanto più grottesca alla luce del fatto che fascisti sono al comando della stessa Novorossiya e hanno un ruolo molto più importante e cruento nella Russia che la sostiene). L’”antifascismo” in versione russa propugnato dai separatisti si basa su null’altro che la vittoria militare di Stalin sui tedeschi intesa esclusivamente come dimostrazione della potenza militare russa (non a caso in questo “antifascismo” separatista manca ogni riferimento ai partigiani). Proprio per questo nel “mondo russo” è assolutamente normale che nelle manifestazioni le bandiere naziste sventolino tranquillamente accanto a quelle rosse dei “comunisti”, come è successo per esempio anche ai festeggiamenti per il 1° maggio di quest’anno.

E’ importante notare anche che nessuna delle forze che operano nel Donbass ha mai formulato alcuna critica, anche solo grezza, del fascismo come tale. Gli slogan antifascisti vengono quindi intesi unicamente come strumento per coalizzare intorno a sé settori minoritari nostalgici dell’Urss. Come ha spiegato un’ultranazionalista di destra che combatte con i separatisti del Donbass, rispondendo a una domanda del sito russo Gazeta, che gli chiedeva se non gli desse fastidio l’uso da parte delle “repubbliche” separatisti di elementi dell’estetica e dell’ideologia sovietica, e in particolare della vittoria nella Seconda guerra mondiale: “Tra i nazionalisti russi non c’è un atteggiamento negativo nei confronti della guerra, e della vittoria nella Seconda guerra mondiale in quanto tale. […] E’ parte dell’identità dei russi nell’Ucraina sud-orientale e sarebbe stupido rimproverarglielo. Io sono assolutamente antisovietico, ma non mi dà fastidio il sovietismo di alcune persone […] perché hanno vissuto negli ultimi 25 anni in un vuoto per quanto riguarda la Russia. E quello che loro ricordano è la Russia dei tempi sovietici. E’ stupido pensare che qui ci troviamo di fronte a qualche forma di resistenza sovietica”. D’altronde, a tale proposito è esemplare il caso del movimento neonazista russo Russkoe Natsyonalnoe Edinstvo (RNE, Unità Nazionale Russa), un cui battaglione di volontari combatte nel Donbass nell’ambito delle “repubbliche” dopo avere frettolosamente sostituito nelle proprie bandiere un’imitazione della svastica con una croce ortodossa. Il suo leader Aleksander Barkashov, da alcuni decenni neonazista convinto e attivo, si è messo anche lui a parlare per opportunismo di una lotta contro il “fascismo”. Il termine fascismo, nella bocca dei separatisti del Donbass, ha perso ogni significato reale, proprio così come il termine “antifascismo” lo ha perso per tanta sinistra, a cominciare dagli ucraini filoseparatisti di Borotba che si dichiarano antifascisti, ma poi agiscono attivamente a fianco dei fascisti sottoponendosi alla loro egemonia. Gli specchietti per allodole per le persone orientate a sinistra sono più di uno – per esempio collabora con l’estrema destra separatista anche il Partito Comunista Ucraino, che sventola le sue bandiere rosse in piazza con i fascisti delle “repubbliche”, e che nonostante il nome è un partito da anni strettamente connesso agli oligarchi (cioè ai capitalisti), di cui promuove gli interessi, favorevole a leggi liberticide e omofobo, cioè completamente avulso dalla sinistra realmente antifascista.

In Italia sono svariati i soggetti che sostengono attivamente i separatisti. Si va dai Comunisti Italiani, fino al sito PopOff, al gruppo Contropiano e a una serie di gruppi rock. Tutti questi gruppi aderiscono acriticamente alla simbologia e ai nomi di estrema destra utilizzati dai separatisti. Per esempio è diffuso anche in Italia tra questi gruppi l’uso di un simbolo sciovinista dell’impero zarista come il nastro di San Giorgio, non a caso vietato subito dai bolscevichi quando hanno conquistato il potere nel 1917 (per i dettagli si veda il nostro “La deriva di una parte della sinistra riguardo all’Ucraina”). Si dà poi sostegno al progetto della Novorossiya, cioè di uno stato russo dell’Ucraina orientale dove la popolazione di nazionalità russa è in minoranza, senza domandarsi da dove venga questo nome (che in italiano è “Nuova Russia”). E’ semplicemente il nome affibbiato a queste regioni abitate da ucraini dall’impero zarista quando le ha conquistate con la forza, per poi colonizzarle, sfruttarle brutalmente e sottoporle a repressioni omicide. Come è possibile per chi si dice di sinistra dare sostegno a un progetto che si ispira esplicitamente a questa politica? Come può un’antifascista usare questo nome? Non è un caso che la Novorossiya dei separatisti abbia scelto come propria bandiera statale una bandiera che è quasi identica a quella della Russia zarista e come propria bandiera di guerra una bandiera che è quasi identica a quella degli stati schiavisti della guerra di secessione americana. E non è un caso nemmeno che tra i padrini di chi nel Donbass utilizza questa bandiera ci sia un uomo come il già citato estremista di destra Prokhanov che a suo tempo ha invitato David Duke, leader del Ku-Klux-Klan a visitare la Russia.

Larga eco a sinistra hanno i materiali diffusi da Pandora TV, il “canale” di Giulietto Chiesa, e da Claudio Fracassi dalle pagine del sito PopOff. E’ sufficiente dare loro un’occhiata per capire che si tratta di un’ossessiva pubblicazione di immagini shoccanti e grandguignolesche, di notizie mai verificabili se non quando sono di fonte Cremlino o di qualche sito cospirativo. Il sito Contropiano invece cerca di presentarsi con una posizione più “politica”, ma cade spesso nel grottesco. Per esempio quando ben due volte, costretto a reagire dal fatto che sono emersi pubblicamente contatti tra neofascisti italiani e i neofascisti alla guida delle “repubbliche” della Novorossiya, il sito ha cercato di fare passare la tesi di una “infiltrazione” dei fascisti italiani. Quando a giugno due esponenti dei “rossobruni” italiani di estrema destra di Millenium sono andati nel Donbass e sono stati ricevuti ufficialmente non da un separatista qualunque, ma dal “governatore del Donbass” Pavel Gubarev, con il quale hanno anche posato per una fotografia, Contropiano ha pubblicato due articoli imbarazza(n)ti (uno e due) nei quali si parla di “tentativi di inquinamento fascista” degli estremisti di destra che “sono riusciti a farsi fotografare con uno dei leaders della rivolta anti-Kiev”. Cosa intende Contropiano? Che i due abbiano minacciato Gubarev per farlo posare con loro nella foto (sul cui sfondo tra l’altro svetta una bandiera “schiavista” della Novorossiya)? L’episodio si è ripetuto non molto dopo, quando in Italia è uscita la notizia che il noto neofascista italiano Andrea Palmeri da inizio agosto è nel Donbass per combattere nelle fila dei separatisti. Di nuovo Contropiano ha pubblicato un articolo grottesco, nel quale si scrive che “Ovviamente Palmeri e Forza Nuova sanno benissimo che è difficile, se non impossibile, andare in giro a suon di saluti romani, celtiche e svastiche in una zona dove l’antifascismo è viscerale, profondo, una pregiudiziale [!!! – a.f.] perché tutti hanno bene impressa nella memoria la tragedia rappresentata dalla Grande Guerra Patriottica e mostrano fieri il nastro di San Giorgio. Così è plausibile pensare che Palmeri all’esercito del Donbass non la stia raccontando tutta”. A parte il fatto che è grottesco scrivere che nel Donbass l’antifascismo è viscerale, basta fare un salto nella pagina facebook di Pavel Gubarev per capire che i separatisti sanno benissimo che Palmeri è un fascista e che la cosa gli va benissimo. Il “governatore popolare del Donbass” ha postato nel suo profilo l’8 settembre alle ore 14:44 il seguente commento (ancora online nella data di oggi e che ho fotografato nel caso in cui dovesse essere cancellato): “Nella nostra milizia un mese fa è venuto un italiano, un fascista autentico. Quando gli ho chiesto le sue motivazioni mi ha risposto: ‘Loro (i nazi ucraini)- non sono dei veri fascisti perché sono proamericani. Distruggendoli, combatto contro gli Usa’. Ben detto!”. Quindi, come nel caso di Millenium, la dirigenza delle “repubbliche” sa perfettamente che si tratta di fascisti e la loro presenza è più che gradita, altroché “tentativi di infiltrazione”!
D’altronde Contropiano pubblica sull’Ucraina articoli che farebbero una loro ottima figura in un sito di estrema destra “rossobruno”, come quello di Giuseppe Amata del 21 settembre scorso, nel quale l’autore, dopo avere elogiato le politiche di Stalin, parte con teorie cospirative sul “colpo di stato” in Ucraina e l’accerchiamento della Russia per buttarla poi su di un “nazional-culturalismo” tipico dell’estrema destra: “Lo spirito nazionale in Russia è molto forte e si basa su uno storico retroterra culturale che affonda le radici nella storia del mondo slavo, del quale la Russia è stata ed è protagonista principale. Ma le vicende della Russia moderna e contemporanea sono state e sono interessate non solo dall’espressione di questa cultura bensì dall’importazione ad ondate di aspetti ideologici e culturali del capitalismo occidentale, prima dall’Europa oggi dagli Usa, per schiacciare la tradizione slava”. Quello di un’inesistente omogeneità panslava è un cavallo di battaglia dell’estrema destra e dello sciovinismo russo in genere. Quando si parla di Ucraina evidentemente tutto è permesso. In un altro degli articoli di Contropiano sul Donbass leggiamo il noto scrittore Valerio Evangelisti scrivere quanto segue: “Mi ha impressionato, giorni fa, il reportage da Kiev di una corrispondente di Rai News 24 (ma dove recluta, la Rai, certi soggetti?). Narrava di una mostra in onore dello ‘scrittore ucraino’ Nicolaj Gogol [una conferenza con questo titoli si è effettivamente tenuta a Kiev, non è un’invenzione della giornalista – a.f.]. Domanda: ma lo sapeva, Gogol, di non essere russo? In che lingua scriveva?”. Peccato (per Evangelisti) che Gogol fosse nato in Ucraina e fosse di nazionalità ucraina, e solo in un secondo tempo, nel corso della sua carriera di scrittore, sia passato in modo tormentato a un’identità russa. La sua vita e la sua opera sono state segnate da questa doppia identità, come testimonia una vasta documentazione. E poi l’idea che “se uno scrive in russo allora è russo” (e lo stesso vale per altre lingue) è assolutamente grottesca in generale, e lo è tanto più per quanto riguarda l’Ucraina, dove è del tutto normale essere al cento per cento ucraini e parlare e scrivere in russo. Non stiamo uscendo dal seminato: è una chiara dimostrazione, insieme a tutto il resto, del livello di povertà culturale e di disinformazione di una parte della sinistra che pretende di mettersi in cattedra per insegnarci il “Donbass popolare antifascista”.

Come se non bastasse, entra in campo anche la musica. Il gruppo Banda Bassotti sta compiendo in questi giorni una “carovana antifascista” in Russia e nel Donbass, sotto lo slogan “No pasaran”. Alla luce di quanto da noi documentato si tratta di un’altra impresa grottesca, che si potrebbe definire un’iniziativa di “antifascisti” a sostegno dei fascisti. D’altronde, come abbiamo visto, in generale la situazione nel Donbass da questo punto di vista è assolutamente orwelliana. La Banda Bassotti afferma nella sua pagina che la tournée “antifascista” viene organizzata “in completo accordo con le Milizie Popolari della Novarossija”, cioè con quelle che sono in questo momento un nido pullulante di neofascisti ed estremisti di destra che utilizzano come nome del loro “paese” Novorossiya, un termine programmatico dell’imperialismo sciovinista russo. Senza contare che si tratta poi di persone che, da buoni fascisti, hanno le mani insanguinate visto che hanno seminato nel Donbass un terrore sistematico, con sequestri, torture e uccisioni di oppositori. Nonostante questo la Banda Bassotti è riuscita a ottenere il sostegno di un’altra importante band italiana di sinistra, la Gang.

Sul tema è del tutto latitante anche un soggetto ben più importante di quelli sopra citati, come la Lista Tsipras che, per fortuna senza accomunarsi ai fascisti del Donbass, ripete però molti dei loro cliché amplificati in Italia dai gruppuscoli di sinistra citati sopra. In un pessimo articolo, l’europarlamentare Barbara Spinelli scrive di un Euromaidan egemonizzato da “russofobi”, una cosa assolutamente non vera, parla di “guerra civile” e di un Putin che vive “in un mondo plurietnico, quello russo, che al contempo non può ignorare le proprie genti, se maltrattate negli Stati dell’ex Urss ora indipendenti. Né può essere estromesso dalla Crimea, che fu russa per secoli, fino a quanto Khruschev la ‘regalò’ a Kiev nel 1954. Il porto di Sebastopoli, a sud dell’Ucraina [sic], è sede della flotta del Mar Nero: permanenza sancita da un ventennale accordo russo-ucraino stipulato nel ’97 ed estesa nel 2010 per altri 25 anni”. Ne dobbiamo dedurre che l’imperialismo russo “plurietnico” (!) è giustificato, che l’annessione con la forza della Crimea è un diritto ancestrale della Russia e che le basi militari, quando sono di Putin, sono da tutelare – e che una forza di sinistra sottoscrive tutto questo? Spinelli poi lamenta che Ue e Usa non denunciano la presenza di nazisti nei battaglioni di Kiev – “Su questa devianza tacciono l’Europa, gli Usa, la stampa mainstream”, come tace Spinelli, aggiungiamo noi, sui fascisti a capo delle milizie del Donbass. Come ha commentato qualcuno in Facebook: “Barbara Spinelli scrive, in un demenziale articolo sull’Ucraina, che ‘la terza guerra mondiale che oggi stiamo rischiando nasce dagli stessi vizi: incompetenza, forme di ignoranza militante, scarsa prudenza, infine sterile agitazione’. Parla degli altri, ma senza volerlo si descrive perfettamente”. Se in Italia questa sinistra vociferante continuerà a prevalere, l’isolamento del movimento tra la gente non potrà che crescere, da una parte, e i fascisti, insieme agli imperialisti, troveranno sempre meno ostacoli, dall’altra.

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